Con il termine di “lavoro nero” o “lavoro irregolare” si indica un rapporto di lavoro nel quale il datore, sia esso una persona fisica o giuridica, si avvale di prestazioni lavorative senza aver inquadrato la manodopera impiegata con un contratto di lavoro ufficiale ovvero non registrato e dunque giuridicamente nullo/irregolare.
I rischi per il lavoratore
Dal momento che il lavoratore in assenza di contratto non viene riconosciuto dalle autorità statali competenti, né dai vari istituti previdenziali come Inps e Inail, allo stesso lavoratore non può essere riconosciuta alcuna copertura previdenziale, assicurativa e di tutela previste dalla legge. Il lavoratore in nero, qualora sia comprovato il rapporto di lavoro e non percepisca alcun sussidio, non rischia nulla; inoltre la sua posizione potrebbe essere regolarizzata una volta effettuati gli opportuni accertamenti.
Diverso il discorso nel caso in cui il lavoratore abbia dichiarato di essere disoccupato agli enti competenti e percepisca un’indennità di disoccupazione, la cassa integrazione o altro sussidio legato alla dichiarazione dello stato di disoccupazione: in questo caso è lui stesso a infrangere la legge. Se il lavoratore ha dichiarato al Centro per l’impiego di essere disoccupato, rischia di incorrere nel reato di falsa dichiarazione, ovvero di falsità ideologica.
Prevista, inoltre, la decadenza del beneficio: questo significa che oltre a perdere il sussidio di disoccupazione o mobilità, il lavoratore potrebbe dover restituire all’Inps delle somme pagate e risarcire all’ente il danno.
Le sanzioni per i datori di lavoro
La legge, e in particolare l’ultimo decreto semplificazioni del Jobs Act, sanziona pesantemente il datore di lavoro che si avvale di manodopera non regolare, disponendo che sia punito con una sanzione amministrativa pecuniaria compresa tra i 1.500 euro e i 36.000 euro, a seconda della durata della violazione commessa.
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